In occasione della 52. Biennale d’Arte Sezione Arti Visive “Pensa con i sensi, senti con la mente: l’arte al presente”
Introduzione
In occasione della 52. Biennale d’Arte Sezione Arti Visive “Pensa con i Sensi, Senti con la Mente”, si svolge la quarta edizione della Collettiva d’Arte Contemporanea Biennale di Venezia. Quest’anno espongono un’artista tedesca, una romena, due ucraini, un’americana e due italiani.
Nell’affollato e variegato panorama artistico veneziano, la Galleria d’Arte III Millennio è la prima e sola galleria d’arte che organizza questo tipo di manifestazioni, scevre da qualsiasi indirizzo politico o propagandistico, lasciando agli artisti libertà di espressione e tecnica.
Ogni esposizione diviene così un piccolo “museo” di arte contemporanea e non una vera e propria “mostra”. Questa differenza è cruciale e sostanziale in quanto, secondo la moda attuale, il curatore di turno diviene il vero protagonista. Egli infatti s’impone quale “arredatore” della mostra; l’artista quindi cala in secondo piano.
In questo caso, pur essendoci il curatore, sono gli artisti in primo piano. Il ruolo del curatore invece è più complesso e discreto: egli deve presentare le opere al pubblico; deve parlarne deve decodificarle e collegarle in modo tale da accendere la curiosità e l’attenzione.
In tal modo egli apre il dibattito e la dialettica, divenendo non più provocatore ma esortatore all’attenzione verso la multiformità della sensibilità umana. Questo è dialogo e non monotona auto-celebrazione. Non servono quindi gli acronimi.
Alyna Ivanova Shchygoleva è nata nel 1951 a Lugansk in Ucraina. Ha studiato giornalismo all’Università M. Gorky di Rostov ed al Medical College di Lugansk. Ha lavorato come giornalista di radio e tv, come assistente nel reparto di radioterapia e oncologia dell’ospedale di Lugansk.
Espone dal 1980 in tutta europa. Dal 2002 vive in Italia. Le sue opere sono eseguite con fibre naturali con la tecnica mista textile, applique e quilt. Realizza arazzi e costumi che indossa in occasione delle performance d’artista. Prossima esibizione presso il centro Mondadori di Venezia San Marco febbraio 2008. Attualmente lavora ad un progetto fotografico.
Parere del curatore Nicola Eremita
Nei palazzi veneziani si possono ammirare molti arazzi, di grande valore. I commercianti veneziani erano amanti di questa forma d’arte che si prestava bene per arredare le immense pareti dei palazzi necessari a celebrare l’immagine della famiglia.
Alyna Shchygoleva si potrebbe riallacciare a questa antica tradizione ma solo superficialmente. La sua ricerca si esprime nel filato che è custode di valori forse perduti.
Queste opere hanno il sapore fiabesco dell’est, di antichi villaggi perduti. Essi conservano il tocco delle mani della donna sconosciuta che li ha lavorati. Non abbiamo più il sontuoso sfarzo degli arazzi veneziani, intessuti di fili di metallo prezioso; ma delicate composizioni di eccelsa abilità tessile dal forte intento rievocativo ed emozionale. Essi non celebrano avvenimenti e miti ma raccontano una fiaba sottovoce e la voce è elegante discreta e femminile.
La città d’oro, tecnica mista su tessuto cm 200×200
Carla Monti biografia
Carla Monti vive e opera nel proprio studio di Milano. Ha iniziato a dipingere all’Accademia Libera del Maestro Giacomo Gabbiani. Attualmente fa parte dell’associazione “La Bottega delle Arti” dei pittori Luisella Lissoni e Ettore Maiotti.
Prima delle manifestazioni artistiche si è data allo studio della composizione floreale e discipline orientali, frequentando la scuola di Ikebana del Maestro Houn Ohara conseguendo il Master. Realizza le sue opere ad olio su carta o su tavola. Si dedica anche all’acquarello.
Parere del curatore Nicola Eremita
Una tavola che è un omaggio a Morandi. L’artista ha saputo rendere con efficacia ed emotività l’atmosfera di tesa sospensione di immobililità sacrale del grande mondo delle piccole cose. Semplici oggetti che divengono ricchissime fonti di riflessione poetica, di contemplazione.
La luce che si rifrange sulle superfici, i riflessi i colori che sfumano nel chiaroscuro. Infine il colpo di genio: improvvisa e quasi impercettibile, incombe sopra ogni cosa lo slancio dinamico, la proiezione, dell’ombra della lampada antica.
È la fuga da quel mondo immobile che da quel mondo stesso è creata e non lo disprezza. È lo slancio creativo che genera dalla lunga e laboriosa meditazione, dal lento e continuo consumarsi delle setole intrise di colore. È il tempo dell’arte.
Lampada antica, olio su tavola cm 70×50
Diana Gavrilas biografia
Gabriela Diana Gavrilas è nata ad Oradea in Romania il 22 Agosto 1968. Tra il 1992 ed il 1998 ha studiato e si è laureata alla facoltà di arti plastiche dell’Università delle Arti e Design di Cluj-Napoca in Romania. Dal 1998 è docente presso l’Università di Oradea facoltà di arti plastiche, sezione pittura.
Dal 2002 al 2004 ha conseguito la borsa di studio “Vasile Parvan”, dei Ministeri degli Esteri della Cultura e della Ricerca Romeni, all’Accademia di Romania in Roma per il progetto “Miraggio nel Giardino di Bomarzo”. Nel 2004 ha concluso il dottorato di ricerca all’Università d’Arte e Design Cluj-Napoca dal titolo: “Giardino Francese”.
Parere del curatore Nicola Eremita
Susanna Tamaro in una recente intervista ha parlato del tempo che trascorre ad osservare un piccolo giardino. In particolare ella raccontava del tempo trascorso incantata dietro ai molteplici dettagli, ai colori, alle diverse forme di vita che in quel piccolo e ristretto ambiente possono convivere.
Ecco il dipinto di Gabriela, esso incarna quella stessa aura d’incanto. Gli occhi dell’artista hanno indugiato nel microcosmo variegato e misterioso che si trova dietro l’angolo e tutto’attorno a noi. Un luogo che, se a tutta prima pare confuso e insignificante, allo sguardo attento e al contemplativo, esso svela un universo di colori e di vita.
Sono state le persone così attente alle piccole cose, alle creature umili, che hanno fatto le più grandi scoperte nella scienza e le grandi opere nell’arte. Ricordiamo che Fidia scolpiva le figure anche dove nessuno mai le avrebbe potute ammirare. Il divino è in ogni luogo e il miracolo della vita è incommensurabile rispetto alla nostra immaginazione.
Dettaglio di giardino, olio su tela cm 140×100
Iva Milanova biografia
Iva Milanova è nata il 30 Ottobre 1970 a Sofia ha esposto in Italia Berlino e a Chicago. Nel 1998 ha ottenuto il Master di Storia dell’Arte e Archeologia Classica alla Humboldt University di Berlino. Il suo amore per la pittura nacque quando ella era ancora bambina.
Parere del curatore Nicola Eremita
Si rinnova l’apprezzamento per la piacevolissima e impegnativa pittura di Iva Milanova. Vorrei sottolineare la solarità di questo nudo femminile. Il riferimento alla gioia di vivere di Picasso appare più che evidente, come evidente risulta l’abilità narrativa e l’espressività sensuale di questa artista.
Desiderio Sehnsucht, olio su tela cm 80×120
Maria Camassa biografia
Maria Camassa è nata nel 1967 a Mesagne in provincia di Brindisi. Dal 1986 opera nel settore delle arti figurative. Dal 1986 al 1996 collabora con l’artista italiano Gino De Dominicis di cui ha organizzato una serie di mostre. Nel 1998 lavora presso la galleria d’arte “Venice Design” di Venezia.
Nel 1999 collabora con la Biennale di Venezia nel settore “Musica Danza Teatro” e segue il seminario di Musicologia con il Prof. Elio Matassi a cura dell’Università di Alti Studi di Estetica “Giacomo Leopardi” Nocera Terinese, in collaborazione con la Terza Università degli Studi di Roma e la Fondazione Rubettino.
Nel 2002 consegue la Laurea in Lettere e Filosofia ad indirizzo Storia dell’Arte presso l’Università Cà Foscari di Venezia argomento della tesi: “Arte e Pensiero. L’esperienza umana ed artistica di Gino De Dominicis”.
Parere del curatore Nicola Eremita
osservando questo quadro ritengo che esso possa essere ben collocato nel contesto della pittura romantica. Faccio riferimento alla pittura di William Turner e di William Blake. Le tinte scure e i contorni sfumati, le pose dinamiche e sfuggenti, richiamano formalmente questo tipo di pittura. Anche dal punto di vista simbolico il tema è collocato in quella grande e dirompente novità letteraria ed artistica che è ancora attuale e influente.
D’amore, olio su tela cm 39×25
Oleg Shchygolev biografia
Oleg Shchygolev è nato nel 1950 a Dnepropetrovsk in Ucraina. Ha studiato all’Art College di Dnepropetrovsk e quindi nel suo studio privato ricevendo molte commissioni dall’Unione Artistica di cui è membro dal 1985. Vive e lavora a Lugansk ed espone dal 1976 in tutta Europa. Sue opere sono presenti presso il Ministero della Cultura Ucraino, presso musei e gallerie di Lugansk e Kiev e presso collezioni private negli Stati Uniti e in Europa.
parere del curatore Nicola Eremita
La pittura di Oleg Shchygolev è realista, tuttavia in essa convivono anche altri caratteri che prendono l’aspetto della citazione. Per questo artista è fondamentale dar prova della propria preparazione accademica e della propria conoscenza tecnica e formale. La personale vena creativa quindi si arricchisce della profonda erudizione sedimentata negli anni di studio che non è stata solamente teoria ma anche confronto pratico con la difficoltà tecnica.
Osservando le sue tele notiamo che l’inconfondibile tratto ritaglia numerosi rimandi alla pittura di fine ‘800 e primo ‘900. Rousseau, Van Ghog, Gaugin, Matisse, Chagall e tanti altri maestri emergono in piccoli e grandi dettagli-citazione. Quasi l’artista volesse portarli tutti con sé nella sua immaginazione.
Sul fiume limpido, olio su tela cm 100×80
Rossella Mocerino biografia
Rossella Mocerino è nata in Toscana. Attualmente vive e opera a New York dove risiede in Greenwich Village. Ha studiato disegno alla Lega degli Studiosi dell’Arte di New York City, quindi anatomia con Robert Hale della Lega degli Studiosi d’Arte, quindi tempera con l’artista newyorkese Olivera Sajkovic, quindi storia dell’arte con Sarah Lawrence a Firenze.
Espone le sue opere nel Vecchio e nel Nuovo Mondo in mostre personali e collettive dal 1981.
Parere del curatore Nicola Eremita
per Rossella Mocerino la figura umana è al centro della ispirazione creativa. In particolare ella è rimasta affascinata dal mascheramento tipico del carnevale veneziano che, nonostante la sua unicità ed originalità, affonda le radici in una tradizione atavica e ancestrale.
Tale manifestazione, collocata nel contesto storico ed architettonico nonché naturalistico di Venezia, diviene una miscela ricca di riferimenti e stimoli di riflessione e spunto per la creazione. Difficile non rimanere irretiti. Ecco quindi le maschere veneziane attraverso la lente ed il filtro dell’immaginazione di Rossella Mocerino.
Il dramma della esistenza si colora ed il mistero del mascheramento travisa e inganna il tempo, la decadenza, la storia; così osserviamo queste figure celate colte in una atmosfera sospesa e priva di riferimenti spazio temporali.
mostra personale e performance teatrale Lisette Caputo & Chiarastella Seravalle
Biografia
Lisette Caputo è nata a Venezia, città in cui tutt’ora vive ed opera come artista.
Chiarastella Seravalle è nata a Venezia.
Diplomata all’Accademia Dei Filodrammatici di Milano. Vive e lavora tra Venezia e Milano. Attrice professionista, con registi quali Gabriele Lavia, Ruggero Cappuccio, Giuseppe Emiliani, Andrèe Ruth Shammah, Massimo Navone. Doppiatrice di film e cartoni animati, ha lavorato in radio con Fabio Volo e con la radio svizzera TSI. Ha recitato con G.P Tescari e altri registi cinematografici. Ha partecipato a numerosi programmi presso la Televisione Italiana e la Televisione Svizzera.
Parere del curatore Nicola Eremita
Questa particolare mostra di Lisette Caputo, con performance di Chiarastella Seravalle, si discosta sensibilmente da tutte le precedenti esposizioni che si sono svolte in questa galleria.
Ho voluto promuoverla perché essa coniuga alla più contemporanea modalità espressiva, molteplici e non banali riferimenti ad alcuni aspetti della cultura delle religioni, in particolare della religione ebraica e di quella cristiana.
Vediamo tutti i giorni quali reazioni provoca la manifestazione di appartenenze religiose o la manifestazione di atti o spettacoli con riferimenti anche vaghi alla religione ed ai suoi significati. È evidente che questo nostro rapporto con lo spirito e con l’aldilà sia un aspetto della umana natura che resta sensibile e legato all’emotività ed alla irrazionalità più intense e sanguigne.
Abbiamo ipotecato la vita ultraterrena e le rate di questo prestito hanno interessi molti alti e sono al di là dal terminare. L’artista ha il difficile compito ti toccare o attraversare queste acque che spesso sono torbide ed a volte rivelano sfavillante trasparenza.
Lisette Caputo ha fatto un lavoro di ricostruzione immaginifica delle figure degli Arcangeli utilizzando materiale di recupero e tecnica mista, pittura e china.
Il risultato sono una serie di opere che raffigurano: Metatron, Raziel, Bianel, Hesediel, Camael, Rephael, Haniel, Michael, Gabriel, Sandalphon.
Metatron è l’inviato speciale della Divinità per tutte le questioni che attengono al nostro mondo, egli determina l’unione fra desiderio e ragione, allo scopo di proiettare le realtà astratte dai mondi superni ai mondi inferiori. Quest’Arcangelo ci offre la conoscenza, ci rivela l’obiettivo, il fine, i progetti della Divinità.Raziel l’Arcangelo Raziel è, per gli esseri umani, l’aspetto comprensibile, visibile, della Divinità. Egli è colui che trasmette le Virtù Divine, il Cammino che conduce al Creatore dell’Universo; egli applica concretamente e visibilmente la volontà invisibile. Raziel è l’Iniziatore, la scintilla attiva e permanente destinata ad accendere, ad infiammare la nostra coscienza.Binael È l’Ordinatore dell’Universo nella duplice valenza del termine, ordina e mette in ordine. Egli trasforma le energie cosmiche in Leggi che permettono il funzionamento dell’Universo e, di conseguenza, consente agli Umani di scoprire innanzitutto le Leggi in questione, trasmette la conoscenza.Hesediel È il figlio del Pensiero Divino, trasmesso da Metatron, Raziel e Binael, nonché il portatore della Suprema Volontà Divina. Mette a frutto questo grano nel mondo dei sentimenti, intesi come desiderio imperioso che sprona la persona alla conquista della felicità. Nelle energie elargite dall’Arcangelo Hesediel, sono presenti i poteri dei sentimenti, che ci spingono alla conquista di tutto ciò che esiste sulla terra. A lungo termine questo Arcangelo è anche apportatore di Giustizia, di ciò che ci indurrà alla rinuncia del superfluo, di ogni forma di futile abbondanza.Camael nel dispiegamento della vita, quale appare nella Bibbia, le forze guidate da Camael sono quelle che hanno causato l’espulsione di Adamo dal Paradiso Terrestre, retto da Hesediel, dopo che egli aveva ceduto alle lusinghe degli Angeli dell’abisso. Camael è incaricato di condurre l’umanità, tramite il suo lavoro, alla volta del lussureggiante Paradiso Perduto. Egli ci introduce alla conoscenza delle leggi del mondo non attraverso l’illuminazione divina, ma tramite l’esperienza del loro funzionamento.Rephael Rephael ed i suoi Angeli Solari sono i depositari della nostra coscienza, ovvero dell’accumulo di saggezza e sapere acquisiti lungo l’arco delle nostre esperienze. Grazie alla forza di questo Arcangelo la nostra scintilla divina interiore, ha la possibilità di agire. Noi dobbiamo chiedere a Rephael di far sì che il nostro Dio interiore possa farsi udire alle nostre orecchie. Nel corpo umano Rephael è rappresentato dal cuore, così come il cuore, Rephael ha il compito di alimentare e di purificare i nostri desideri.Haniel L’amore che ci viene concesso da Haniel consiste nel desiderio di incorporare ogni cosa in noi stessi, ovvero di possedere tutto e di goderne. Haniel è l’amministratore di questa energia, di questo desiderio che si esprime per mezzo dei cinque sensi. Si tratta di una conoscenza che penetra in noi per via sensoriale. L’Arcangelo Haniel e gli Angeli principali esaltano, magnificano la realtà per far sì che l’uomo giunga alla conoscenza.Michael l’Arcangelo Michael è l’entità celeste di cui si serve il Creatore per esprimere il proprio pensiero nel mondo tangibile. Michael agisce sul mondo dell’azione. Quindi prima il pensiero è stato generato, poi rettificato eliminando tutti gli apporti perversi che la nostra natura emotiva cercava di aggiungervi. Ora, infine, tale pensiero si appresta con Michael a balzare sulla terra, affinché tutto vi sia disposto secondo l’ordine delle cose adottato ed invalso lassù.Gabriel Egli ed i suoi otto Angeli sono consacrati ad attività di fecondazione e cristallizzazione. Gabriel infatti concentra la totalità degli impulsi provenienti da tutti gli altri Arcangeli per convertirli in immagini all’interno degli umani. Tali pulsioni vengono integrate all’organismo umano grazie a particolari centri ricettivi che, nella terminologia induista prendono il nome di Chakra, ruota. La porzione delle energie che viene da noi incorporata si tramuta in atti, in azioni. Né si tratta di azioni indefinite, al contrario, esse corrispondono alla lettera alla potenzialità specifica dell’energia ricevuta.Sandalphon È il decimo Arcangelo ed è preposto alla sfera energetica della terra. L’esoterismo assegna a Sandalphon la qualifica di Angelo-Principe più che quella di Arcangelo. Egli esercita la sua influenza attraverso gli elementi Fuoco, Aria, Acqua, Terra. Potremmo assimilare l’Arcangelo Sandalphon al Plutone della mitologia classica. Egli presiede agli elementi materiali tramite creature immateriali cui la tradizione ha attribuito la denominazione di Elementali. Si tratta delle salamandre per il fuoco, delle ondine per l’acqua, delle silfidi per l’aria e degli gnomi per la terra.
Notizie sugli Arcangeli
L’area di attività degli Arcangeli è il mondo etereo: esso è formato dal riflesso delle sfere superiori e, in tal modo, ha la possibilità di fungere da punto di congiunzione tra la nostra terra in senso fisico ed i mondi spirituali. Per giungere alla conoscenza dei nomi angelici ci si deve addentrare nella sacra scienza dei Rabbini. Nessuna scrittura ufficialmente accettata dal cristianesimo ci ha tramandato quei nomi.
Teniamo presente che il culto degli Angeli è iniziato nelle Sinagoghe per poi passare al Cristianesimo.
Lisette Caputo ha una particolare predilezione per la Cabala. Ella ha avuto sei maestri Rabbini ed ha letto lo Zohar, testo sacro della Cabala cui si rifà il suo immaginario e la sua weltanschauung. Cabala o Cabalah o Kabala o Kabbala o Qabalah significa conoscenza, ricezione, rivelazione. Più precisamente il termine significa ciò che viene tramandato oralmente e che diventa “tradizione”. È una raccolta di testi mistici, frutto della cultura ebraica, per lo più segreti trasmessi da una generazione all’altra di maestri e di studiosi: può essere definita come la dottrina esoterica ebraica. Secondo Ginsburg essa è la scienza degli Angeli che essi comunicarono all’uomo dopo la caduta di Adamo, per fornirgli gli archetipi ed i mezzi per riconquistare il giardino perduto. Eliphas Levi cita il libro apocrifo di Enoch in cui si narra che alcuni Angeli caddero dal cielo per amare le figlie della terra ed unirsi a loro.
La Cabala diviene una scienza divina e l’uomo è come un Angelo decaduto che deve riscattarsi e riscoprire la scienza perduta. Qui si riscontrano le motivazioni profonde delle opere di Lisette. Il riscatto dell’uomo per assurgere nuovamente al divino.
Un senso di travaglio e di smarrimento s’insinua nelle opere di Lisette. Gli Angeli sono forme gestuali e semantiche, tracce appena accennate o geroglifici o katakana o hiragana o romani o kanji, in equilibrio tra rigore formale e slancio emotivo e mistica esaltazione. Forme fatte dall’uomo con una sottile vena divina.
Ed ecco il punto di contatto con la performance di Chiarastella Seravalle. Il fatto umano nella sua distanza dalla legge divina, nel rischio del tradimento della legge divina in equilibrio sull’abisso della dannazione del male, del fratricidio, della distruzione fisica e morale. La simbologia mistica e l’iconografia religiosa, peraltro appena abbozzata, sono lo sfondo, il media, la Cabala indica la posizione della nostra specie nella natura forse voluta da Dio.
La Cabala diviene rivelazione della condizione umana. Dio è lo spettatore del nostro miracolo: noi, che insistiamo nella nostra vita appesa ad un filo ma vissuta come se fossimo immortali, noi che barcolliamo sul filo sopra il precipizio e recitiamo la nostra incrollabile sicurezza e fede nella salvazione ma non ci rendiamo conto che allo stesso tempo stiamo tagliando quell’unico filo che ci sostiene.
Quell’unico filo che ci sostiene e che tutto muove è l’amore, ed è questo il principio alla base della creatività di Lisette Caputo e Chiarastella Seravalle.
08 – 22 giugno 2007, inaugurazione 08 giugno 2007 ore 18. Presentazione del curatore dr. Nicola Eremita.
Esposizione collaterale al Padiglione Estonia per la 52 Biennale di Venezia, espongono i rappresentanti del gruppo di artisti estoni Kursi Kool Kond. La mostra è caratterizzata dall’originalità e dalla forza espressiva degli artisti nord europei. L’esposizione non ha un tema prefissato ma presenta campioni della migliore produzione degli artisti espositori, che si caratterizzano per tecniche e sensibilità espressive molto differenziate. Da segnalare la completa disponibilità del curatore a guidare lo spettatore lungo il percorso espositivo.
Espongono
Ilmar Kruusamae, Albert Gulk, Pajos Priit, Peeter Allik, Pangsepp Priit
Opening reception e presentazione venerdì 8 giugno 2007 ore 18 presso Galleria d’Arte III Millennio, Venezia
L’Estonia inaugura la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia e, in questa occasione, gli artisti del Kursi Kool Kond Artists’ Group hanno ottenuto anche un padiglione collaterale presso la Galleria d’Arte III Millennio.
Ancora una volta presso la Galleria d’Arte III Millennio sono lieto di ospitare artisti provenienti dall’Europa dell’est. Era stato nel 2004 con la collettiva dedicata ad una ricca e autorevole delegazione di artisti della Bulgaria, che presentai opere di grande pregio, ricordo tra i più noti, Blazhev, Roussev , Katsamunski, Yanakiev, Pamuckiev.
Come allora anche oggi ritorno a considerare l’arte dell’oriente europeo feconda patria di giovani talenti e rifugio di grandi maestri. Quando visitai Mosca, dieci anni fa feci una considerazione. Molti di noi, quando visitano i paesi che furono interessati dal regime sovietico si soffermano a osservare le differenze nello stile di vita, nei consumi quotidiani e, confrontando le abitudini occidentali con quelle di quei paesi, semplicemente esaltano queste ovvie differenze; ma in questo modo si sfiora solo la superficie.
Chi ragiona sul fatto che in tutti i paesi che rimasero chiusi nella cortina di ferro, l’attenzione verso musica, poesia, danza, e arte in genere è segnatamente più viva? Pochi leggono libri in Italia, quanti di noi leggono poesie? Ebbene, nell’Europa dell’est si vendono libri di poesie e si leggono poesie, e si va spesso a teatro per esigenze culturali e non per dar sfoggio di sé stessi. Questi sono gli interessi della classe medio/alta.
Pochi ascoltano musica classica in Italia, molti giovani dell’est ascoltano musica classica. Quanti si dedicano alla danza con spirito di sacrificio e quanti alla pittura ed alla scultura con sincera esigenza spirituale e non solamente con il mito della fama e del rapido e facile successo? Quando poi fui in Bulgaria, un paio di anni fa feci la medesima considerazione.
Forse dovremmo fare tutti una riflessione su quello che noi stiamo oggi offrendo della nostra società “avanzata” a coloro che facevano parte di quelle considerate arretrate. Almeno su certi aspetti della cultura più elevata.
Il Kursi Kool Kond Artists’s Group è una società di artisti che proviene dall’Estonia. Loro preferiscono definirsi un gruppo di amici ma, nei fatti, costituiscono una vera e propria scuola d’arte.
Pajos Priit; Pangseep Priit; Ilmar Kruusamae; Peeter Allik; Albert Gulk, espongono le proprie opere qui nella Galleria d’Arte III Millennio, mentre Marko Maetamm espone al padiglione dell’Estonia alla Biennale di Venezia. Gli altri esponenti del gruppo sono: Reiu Tuur; Imat Suumann; Kulli Suitsu; che non partecipano alla mostra.
Kursi Kool Kond Artists’s Group o Kursi School of art è una realtà dell’arte contemporanea estone che ha visto la luce nel 1988 ben 18 anni fa; un vero record se consideriamo che in genere queste aggregazioni di artisti hanno una vita media di 4 o 5 anni. Il gruppo sorge in un momento storico significativo, in cui si iniziano ad avvertire i primi sintomi della definitiva rottura della cortina di ferro che avverrà di lì a poco nel 1991.
Il gruppo ha intenzione di produrre opere che siano divertenti ed esaltino i lati grotteschi e ridicoli del mondo, senza alcuna pretesa di proselitismo o retorica politica ma le prime loro esposizioni hanno un effetto devastante sulla rigida censura di mosca e sugli equilibri dell’accademia estone. Tuttavia la seria scuola d’arte di tradizione e la voglia di cambiamento degli spiriti liberi producono risultati dirompenti e di sicuro risultato comunicativo. La rigida retorica è soppiantata da affabili e ironici riferimenti e sottili allegorie, il dialogo si fa piacevole, scherzoso, avvincente ma anche ricco di riferimenti all’emotività, alla psicologia, al dramma, alla teatralità, all’interpretazione della condizione umana.
Il collante che ha mantenuto coeso il gruppo è stato sicuramente un felice senso dell’amicizia e della fratellanza che accomuna queste persone. Quindi la condivisione profonda d’ideali e valori comuni. Tra questi il più importante, un valore che è anche alla base dell’attività della Galleria d’Arte III Millennio e cioè il modo di porsi nei confronti dell’atto creativo e dell’impulso che scatena questo atto. Non esistono pregiudizi, non esistono militanze e chiese, non esistono appartenenze e correnti prevalenti, non esistono dogmi né regole né esigenze di leadership. La prova è nel fatto che queste opere, se le osservate, non hanno nulla in comune tra loro.
Potrei affermare tuttavia che tutti loro sono accomunati da una caratteristica atavica dell’arte dell’est: la consapevolezza che esista una dimensione altra, non fuga dalla realtà ma la sensazione vivida della consistenza di mondi paralleli in cui abitano esseri fantastici o creature mitiche, luoghi da cui provengono i sogni e i colori, le luci dei tramonti e il nostro incomprensibile senso malinconico al tempo stesso tripudiante di gioia e eccezionalmente disperato. Imat Suumann afferma che, nonostante la contemporaneità consideri un tramonto kitsch, egli rimarrà sempre incantato dalla bellezza dei paesaggi naturali e che non potrà mai non riconoscere la bellezza che non può per definizione essere kitsch.
Ogni artista comunque cura e persegue la propria tensione creativa, senza condizionamenti reciproci che non siano di puro piacere e confronto paritetico. Vi sono ovviamente anche altri valori che tengono unito il gruppo e lo fanno crescere. Ad esempio una certa condivisibile polemica nei confronti della visione centralizzata dell’arte, nei confronti di coloro i quali ritengono che si possa fare arte contemporanea solamente vivendo e operando nelle grandi metropoli in cui tutto accade e che l’arte decentrata sia liquidabile frettolosamente come “arte provinciale”. Kursi è il nome di almeno 4 villaggi in Estonia, 4 piccoli villaggi…
Ed è in un piccolo villaggio che nasce il Kursi Kool Kond Artists’s group, proprio per rompere questi schemi mentali e adeguarsi ai tempi che cambiano, che lo si voglia o no, e che ci indicano il ruolo dell’arte quale aveva nella notte dei tempi: un fenomeno locale e diffuso, frutto del genio del singolo visionario che agisce guidato dal ragionamento induttivo e che in questo modo è in comunicazione ed in sintonia o in conflitto con l’universo. Insomma l’eroe romantico per eccellenza, libero e indipendente.
Ancora una volta appare l’eroe romantico, il lupo della steppa di Hermann Hesse. Di fronte a tale potenza e semplicità non c’è curatore che tenga, non c’è biennale che resista. Con una realtà del genere questi eventi di pretesa esposizione internazionale dello scibile artistico sono ridimensionati al loro vero ruolo di parziale esemplificazione se non di personalistica e parziale celebrazione. Lo scenario ideale per la rinascita culturale e la riaffermazione delle gallerie d’arte, numerose e distinte e indipendenti e delocalizzate ma connesse in rete, quale vero e valido intermediario per un pubblico che ha bisogno di essere nutrito più che stupito.
Un tempo gli artisti venivano reclusi nelle corti, poi venne l’epoca delle biennali che per gli stupidi sono il luogo in cui l’artista è riconosciuto come tale; ma, come già dissi , la vera affermazione dell’artista è con il pubblico, con la gente comune che è grata per la bellezza e la ricchezza che l’artista produce semplicemente dalle sue mani e che paga l’artista per acquistarne l’opera perché gli piace e la vuole con sé.
Questo può accadere ovunque, in una stalla come in un grattacielo ma c’era chi diceva che dai diamanti non nasce niente ma dal letame nascono i fiori. L’arte, e con questo so di esprimere anche il parere di Kursi Kool Kond, non è un fenomeno che si possa semplicemente etichettare e catalogare e quindi mettere in classifica o piegare alle esigenze di un singolo. Venezia ne è un esempio. È un’architettura organica, frutto dell’immaginazione di migliaia di piccoli costruttori e artigiani e architetti. Se fosse stata progettata e costruita da un solo, per quanto grande e geniale architetto, sarebbe stata orrenda ed inconfrontabile con la nostra attuale città.
Così è anche l’arte. Essa va appresa quotidianamente, è come l’acqua, non ha forma definita ma assume tutte le forme. L’unico suo principio è che si basa sull’attività cerebrale più profonda: l’istinto. Come tale alimenta il sogno e il mistero. Queste sono le lettere dell’alfabeto dell’arte.
Vorrei ora presentarvi gli artisti che espongono oggi. Sono artisti di diverse generazioni: il più giovane è nato nel 1971, il più anziano nel 1957, rappresentano quindi un bel pezzo di storia dell’arte contemporanea estone.
La prima impressione che ho avuto vedendo le loro opere è la sincera passione e la forza creativa. Sono artisti che lavorano sulle loro opere e non su quello che delle loro opere si dice. Qui non c’è nulla di gestuale, non si gioca sull’equivoco e sull’apparenza. L’arte di questi artisti è concreta tangibile apprezzabile con l’occhio e con la mano. Non si gioca su banali provocazioni o elementari segnali mono-toni. Si tratta di un’arte incontaminata.
Ancora non pervasa dalla malizia e dal cinismo di casa nostra e dall’american style, per questo qualcheduno con la smania di uniformarsi si affretterebbe a sorridere e a definirla provinciale e non internazionale.
È un’arte che cerca il mistero, che s’interroga su questioni fondamentali e non si disperde in cronache quotidiane, non s’incarica di lanciare segnali al mondo semmai con presunzione e perentorietà; non è un’arte che pretende di essere elevata sul piedistallo della nostra cronaca viscerale.
È un’arte che parla all’anima, al cuore. È mistica, simbolica, scenografica, ironica; come dev’essere chi intrattiene e vuole stupire affascinare ammaliare e quindi condurre al ragionamento libero.
L’Estonia è un paese di piccole dimensioni affacciato sul mar baltico, che ha avuto un passato molto travagliato e vive un presente difficile e duro. Anche per questo l’arte dell’Estonia è incontaminata. Non ha avuto ancora il tempo per divenire espressione od oggetto della subcultura dei media e del consumismo. È un’arte che convive con un ambiente fertile e fecondo perché irto di difficoltà e speranze, forse in contrasto con il nostro equilibrio sul filo della decadenza.
Non parlo male della nostra arte, il mio è un proposito polemico per accendere un possibile dibattito con chi le mostre le organizza ma non rischia nulla perché tace e non s’espone e non riflette apertamente con il pubblico ma lascia cadere la questione nel silenzio; e questo per me è male. Nelle tele di questi artisti e nella carta di questi artisti, sento l’odore del carbone che brucia nel camino, e vedo la bruma estesa sulla pianura umida, sento odore della terra. Vedo l’arte ancora intesa principalmente come lavoro dell’artigiano e quindi sublimazione dell’intellettuale. Saper scrivere per poi scrivere e quindi andare oltre la scrittura e così s’aprono mille sentieri da intraprendere.
Arte intesa come onesto lavoro creativo fatto di fatica e impegno fisico; concetti spesso lontani dalla nostra contemporaneità fatta di artisti bambini già viziati che immaginano i loro piccoli e rapidi schizzi pronti solamente per qualche asta milionaria.
Ilmar Kruusamae
Ilmar Kruusamae è il Fondatore di Kursi Kool Kond Artists’s Group ( Scuola Kursi ). È nato il 15 Luglio 1957 a Tartu in Estonia.
Nel 1980 si è laureato in Economia all’Università di Tartu. Dal 1976 al 2000 ha operato nello Studio d’Arte dell’Università di Tartu. Dal 1980 si definisce artista freelance. Dal 1984 ha operato come mail-artist. Dal 1988 è membro dell’Associazione degli Artisti Estoni. Dal 1989 è membro dell’Associazione degli Artisti Hawaiiani.
Egli si definisce artista autodidatta.
Parere del curatore
Le tele di Kruusamae sono impressionanti. Fin dalle prime ore d’esposizione ho potuto notare l’effetto scioccante di questi immensi primi piani sulla gente che passava avanti la galleria e anche nei vostri occhi. Per Kruusamae le dimensioni contano eccome!
Inizialmente Ilmar era appassionato di insetti e piccoli animali che rappresentava sempre su tele di grandi dimensioni spesso per il piacere del fratello.
Dovete paragonare quindi queste immagini alle macro, quelle riprese degli insetti o dei fiori o delle sostanze chimiche. Quindi una volta tarate le opportune dimensioni la rappresentazione diviene una porta d’ingresso nel proprio mondo. Questi primi piani occupano tutto il nostro campo visivo e quindi divengono una esperienza totalizzante.
Ecco vedete il ritratto di Good Eha e quello di Brother Albert o di Kylli Suitso o quello di Matti, non sono solo ritratti, sono biografie.
Tutto ciò che ci accade nella vita rimane trascritto in una piega del volto, nella luce degli occhi, ebbene con queste riprese macro, l’artista vuole scavare e registrare le testimonianze occulte che svelano il dramma dell’esistenza e il mistero della vita. In particolare mi soffermo sugli occhi, che Ilmar definisce la parte più complessa da creare. Gli occhi sono l’accesso al mondo interiore, alle emozioni più profonde e intime dell’uomo. In un’ottica puramente tecnica diviene quindi indispensabile sovra-dimensionare il soggetto per scoprire i piccoli dettagli nascosti e portarli alla luce.
Potrei dire che Ilmar abita e gestisce due dimensioni, esse non sono separate ma convivono nella realtà sono tangibili entrambe. L’una è quella dell’esperienza sensibile che ognuno di noi sperimenta, l’altra pur facendo parte della prima rimane sempre celata: è il mondo microscopico che registra e testimonia nelle sue pieghe nascoste, nelle luci e nelle ombre, il passare del tempo.
Ilmar crea un’opera ed una forte emozione, utilizzando la testa calva e gli occhi di Matti. Sarebbe semplicemente una testa calva, sarebbero semplicemente due occhi ma ridimensionati e trasposti sulla tela divengono uno strumento di grande potenza e carica espressiva trasmettendoci tutto lo spirito indomito e scaltro di Matti, la sua intelligenza e le traversie della sua vita passata. Possiamo veramente dire di aver conosciuto Matti; e la malinconica dolcezza di Good Eha e la meraviglia fanciullesca di Albert e l’intimistica introversione di Suitso.
Albert Gulk
Albert Gulk è nato il 17 Febbraio 1969 a Antsla in Estonia.
Nel 1996 ha conseguito il Diploma in Belle Arti all’Università di Tartu. Espone dal 1988. È membro dell’Associazione degli Artisti Estoni dal 1995. Egli ama definirsi artista freelance.
Parere del curatore
Ritengo che nel momento in cui anche voi avete compreso di cosa si tratta avrete considerato queste opere un immane lavoro. Sono disegni fatti a matita su carta delle dimensioni di cm 150 x 400. Gulk è considerato in Estonia uno dei più grandi disegnatori ma non solamente per le dimensioni delle sue opere.
I suoi capolavori sono freschi originali dissacranti ironici sconci scandalosi e puri.
Albert Gulk, come del resto tutti gli artisti del Kursi Kool Kond, è un sognatore. Produce nel disegno delle storie, delle fiabe che potrebbero essere proposte ad un cantastorie; nel contempo egli è libero di esprimersi personalmente senza più alcun legame con l’accademia e dalla sua matita scorrono via con stupefacente facilità le figure mentali e immaginifiche o il frutto della eccitazione carnale, della sensualità, dell’autoerotismo sfrenato.
C’è un filo conduttore, se è necessario trovarlo, che mi riporta alle opere di HR Giger, il grande artista svizzero autore de “noi bambini atomici”. Negli arabeschi di corpi e occhi e seni e genitali e muscoli e oggetti cultuali rivedo una simile ossessività compulsione psicosi e una simile celebrazione apologetica dynatonica iperbolica retorica e ironica al contempo.
L’ossessione per il seno materno e l’alimentazione ne “LATTE E SODDISFAZIONE” che pare una regressione psicotica totale alla fase orale in un mammario tripudio lubrico e lascivo paragonabile anche alla medesima affezione che subiva il grande Federico Fellini, qui rivisto in una versione cyber punk un poco sadomaso con sincero compiacimento. Questa incessante e inarrestabile smania di pieno di sazio di nutriente che irrompe come può solo la forza vitale ma che diventa ostinazione accanimento e quindi ripetizione compulsione ossessione.
La celebrazione apologetica e iperbolica ne “MONUMENTO”: omaggio al fallo, come nella più antica tradizione, od omaggio alla congiunzione carnale od omaggio alla sfrenatezza dei sensi e al libero e molteplice uso del nostro corpo. Rappresentazione amplificata e distorta dalla psiche; dimorfofobia esaltante; forse sintomo o segnale di una realtà che ci rifiuta, che ci vuole sempre “altro” o “diverso” senza lasciarci veramente liberi di essere unici e personali. Un conflitto tra il ricatto egocentrico del consumismo e il conformismo del consumo. Di qui sfogo della emotività e della violenza sanguigna del creativo che fa esplodere con la bomba carta carica di grafite la sua visione delle cose.
Sono chiari i riferimenti alla condizione umana odierna, ipertrofica amorevole e spietata sessualmente emancipata ma psicologicamente immatura e instabile, che non ha mai rotto il cordone ombelicale che non è ancora maturata. Che dalla culla è passata alla televisione e che dal regime è passata al mercato. Anime sbandate cui si dice che il bello non è più tale e che l’opera non vale se non fa schifo. Ci siamo tutti.
Tuttavia il senso del macabro di HR Giger è qui intelligentemente sostituito dalla tradizione che è troppo forte per non riemergere e che sarebbe delittuoso respingere e rifiutare: la fiaba.
La fiaba è la caratteristica pura e ancestrale dell’arte dell’est, pensate pure che sia un luogo comune ma è così. È una realtà ed Albert Gulk infonde in queste immagini che potrebbero con nulla diventare dure e pesanti e opprimenti il senso leggero e flautato della fiaba in cui svolazzano amore e morte mistero e magia carnalità e spirito, con perfetto equilibrio.
Anche per Gulk le dimensioni hanno un ruolo, sono necessarie. Egli dice che quando faceva piccoli disegni la gente lo ignorava ma quando ha iniziato a fare grandi disegni allora la gente ha iniziato ad apprezzarlo. Forse perché i suoi disegni sono tanto ricchi? Può darsi ma forse anche perché nelle stesse dimensioni si esprime la forza delle passioni che Albert Gulk fatica tanto a trattenere, il suo stesso corpo pare compresso e teso nello sforzo di trattenersi.
Peeter Allik
Peeter Allik è tra i Fondatori di Kursi Kool Kond Artists’ Group ( Scuola Kursi ).
È nato il 28 Giugno 1966 a Põltsamaa, in Estonia. Nel 1993 ha conseguito il Diploma in Belle Arti all’Università di Tartu. Espone dal 1988. Egli è membro dell’Associazione degli Artisti Estoni dal 1995.
Parere del curatore
L’artista ha esposto tre grandi opere, sono incisioni su linoleum, una tecnica attualmente poco utilizzata forse perché piuttosto complessa. L’artista incide il linoleum con appositi bulini e poi usa la pellicola come matrice per la stampa.
Peter allik ha un carattere duro e polemico, è l’arrabbiato del gruppo, forse il più idealista e il meno sognatore e crede profondamente in quello che fa.
Racconta di aver esposto assieme a Gulk le sue opere in un albergo di Tartu di sorpresa durante la notte e di come i clienti e i titolari dell’albergo al loro risveglio si siano spaventati ma non abbiano chiesto di rimuovere i disegni per timore che fossero stati messi lì dal governo di mosca.
Peeter è un reduce, potrebbe benissimo essere un artista espressionista nella Germania nazista tale è il suo vigore polemico ma nella contemporaneità esso si stempera e si addolcisce in una dissacrante tensione sarcastica e ironica.
Così è “L’ARTISTA E LA SUA GALLINA” nel quale il povero artista ha le mani divorate da quel piccolo animale domestico fonte di cibo. Tale è il senso d’impotenza e di frustrazione di chi osa nel campo dell’arte.
Così è “UN’INUTILE SOTTIGLIEZZA” in cui il ragazzino furbetto spara un colpo di rivoltella in testa a quello che pare essere un uomo di legge o un arrogante personaggio di potere. Inutile sottigliezza perché tanto di quei tipi ce ne sono fin troppi che ammazzarne uno è solo un dettaglio? o perché non serve prendere tanto la mira ma basta sparare per uccidere subito senza tante smancerie?
Entrambe le ipotesi sono valide. L’artista di questa stampa dice anche “UNA RONDINE NON FA PRIMAVERA” e quindi forse vale anche l’ipotesi che ammazzarne uno ogni tanto non significa risolvere il problema.
Peter allik si professa contro la guerra e la sopraffazione ma, in tutto ciò, fatico a intravedere un messaggio di pace ma tant’è sulla tela tutto è concesso all’artista. O no?
L’opera “SOLDIERS” dovrebbe appunto inquadrare la questione, soprattutto se affiancato a “PIGS”, come per fare un parallelo tra soldati e maiali, carne da macello, carne da cannone, soldati maiali.
Peeter Allik è l’artista più diretto, in lui il media dell’arte è funzionale all’invio di segnali forti alla nostra società più che una riflessione sulla condizione umana. È l’artista più contemporaneo del gruppo ed è anche quello che ha tralasciato del tutto la tradizione ancestrale della fiaba, almeno nelle opere qui presenti.
Egli incarna due lati di una medaglia. Da una parte è polemico ed ostile a certi modi di intendere l’arte della contemporaneità e si oppone apertamente e pugnacemente alla retorica imposta dal potere costituito, dall’altra, la sua creatività incarna gli stessi contenuti di cronaca e attualità che spesso vengono strumentalizzati da finta arte contemporanea che tralascia la costruzione di una struttura e un linguaggio articolato e complesso.
Peeter Allik forse è consapevole di giocare in equilibrio su un filo di lana ma la sua impetuosità e la sua rabbia idealista gli rendono omaggio.
Pajos Priit
Pajos Priit è nato il 15 Settembre 1971 a Turi in Estonia.
Nel 1998 ha conseguito il Diploma in Belle Arti all’Università di Tartu. Espone le sue opere dal 1995. È Membro dell’Associazione degli Artisti Estoni e fa parte della Scuola Kursi dal 2000.
Parere del curatore
Pajos introduce nella sua pittura una visione legata a rimandi religiosi ma con intento diverso dal fratello Pangsepp. Prevale qui una rappresentazione simbolica. Il costrutto richiama sempre la tematica del racconto ma questa volta incentrato sulla traccia della parabola evangelica. I “FRATELLI”, il “MESSAGGERO”; gli “UOMINI DI MEDICINA” i “FIGLI DEL RE FOLLE” il “RE DEGLI ANIMALI” paiono essere tutti richiami di parabole tratte da un manuale di buona morale o da testi sacri come la Bibbia.
Potrebbero richiamare valori quali: la fratellanza, la promessa della vita ultraterrena, i truffatori e i filistei, i folli, la favola mitologica di saturno.
Anche i colori utilizzati e le forme richiamano una pittura antica, potrei dire di tipo fiammingo per certe tonalità o qualcosa di caravaggesco nella ricerca sulla luce propria del colore.
Le opere hanno certo un intento morale ed esemplificativo e non nascondono una certa carica retorica che potrebbe anche apparire troppo dominante del resto Pajos è il più giovane del gruppo e forse la sua pittura deve ancora trovare una sua dimensione completa.
Tuttavia caratteristica e personale essa è legata più d’ogni altra alle tradizioni nordiche ed alla terra. Non esiste una dimensione intima e una introspezione psicologica come per Pangsepp. Potrebbe essere la parodia di un delirio degno del Savonarola o una reminiscenza di medievalità in pieno XXI secolo, una nostalgia o un monito? Propenderei per un monito.
I figli del Re folle paiono pronti per essere divorati come fece Saturno, le colpe dei padri ricadranno sui figli. Sullo sfondo appare un paesaggio da inferno dantesco.
Il Re degli animali è un pazzo o un decerebrato circondato dai suoi simili mentre in un angolo si ritrae l’artista che, smascherandosi, suggerisce il silenzio per non disturbare lo svolgimento dei fatti e vedere cinicamente come va a finire.
Gli uomini della medicina sono dei truffatori venditori di fumo approfittatori e malvagi, disposti a tutto per prendere il sopravvento sull’ignoranza della fragile donna preoccupata per la salute del figlio.
I fratelli paiono attendere la morte del padre per arraffare il suo potere mentre dietro, nell’ombra tacciono addolorati i sudditi. Addolorati per la morte del padrone o addolorati per quello che dovranno subire dai suoi figli viziati?
Il messaggero che appare sul letto di morte del potente di turno è un angelo? O è il messaggero dell’inferno che porta notizia al moribondo che nell’aldilà sono pronti a fargliela pagare? Dall’espressione crucciata e apprensiva del vecchio morente propenderei per la seconda ipotesi.
Nessuna pietà quindi. Questo mondo contemporaneo è ancora abitato da entità e valori che emergono direttamente da un passato oscuro e i tempi sono ancora quelli piuttosto bui della prevaricazione della violenza dell’abuso di potere e dell’ingiustizia. L’artista è spettatore esterno e distaccato, forse un poco troppo moralista e al di sopra; ma questo fa parte della sua personalità messianica e della sua propensione al misticismo.
Pangsepp Priit
Pangsepp Priit è nato il 20 Gennaio 1966 a Kohtla-Jarve, in Estonia.
Pangsepp Priit è tra i Fondatori di Kursi Kool Kond Artists’s Group ( Scuola Kursi ). Ha conseguito il diploma alla Scuola d’Arte di Tartu nel 1985. Espone dal 1984. È membro dell’Associazione degli Artisti Estoni dal 1992.
Parere del curatore
Pangsepp è un uomo schivo, riservato introverso delicato. Gli avvenimenti hanno effetto su di lui ma con lentezza sono manifesti, il suo umore è stabile e quieto e cambia con poca facilità.
Nelle sue tele egli predilige il colore al segno e le rafforza con l’oro. È ispirato ai surrealisti. Colori che richiamano Klimt atmosfere che ricordano Chagall. Una realtà bidimensionale come per Kruusamae, ma qui il dialogo è tra la veglia e il sonno artefice del sogno che non può non rinnovarsi pena l’eterna veglia.
Un amore tenero e sconfinato per la vita e il rifiuto dell’oblio. Il desiderio beatificante di un amore assoluto semidivino e eterno, la ricerca mistica della santità con la blasfemia della fisicità; religione corporea, orgasmo come sublimazione della gioia ultraterrena.
Anche in Pajos sussiste questa presenza messianica o il delirio ascetico proprio dei santi o aspiranti tali che erano poi quelli più traviati di tutti dai sensi mentre il resto della gente si preoccupava di trovare cibo e riparo.
La pittura qui diventa strumento di purificazione dell’anima o di elevazione dei sensi a qualcosa di più rispetto alla loro inevitabile caducità umana.
Ecco quindi “SPIRITO” e “SANT’UOMO”. Come vedete in queste tele la realtà carnale è messa a confronto con l’ipotesi metafisica del divino. Il risultato è appunto l’elevazione e la beatitudine sancita dall’atmosfera pacata e i colori delicati e sfumati e la componente appunto divina dell’oro.
Ecco ancora “MEZZANOTTE” e “VIDI UNA DONNA NELLO SPECCHIO”. Nel primo è manifesto il sogno che porta l’artista in un’altra dimensione in cui ogni volta si svolge una storia o una fiaba diversa.
Ecco che ritorna ancora il tema forte della tradizione. Il sogno giunge appunto a mezzanotte; in un umano momento convenzionale di sospensione temporale si verifica un fatto in cui hanno ragione forze extra terrene e non controllabili di cui l’artista è piacevolmente oggetto.
Esso pare simile anche alla forza incontrollabile del piacere fisico che l’artista potrebbe interpretare come espressione del divino nel corpo umano. Nel secondo appare la trasfigurazione del corpo che si fa anche donna e quindi raccoglie in sé li Yin e lo Yang assurgendo ad un’anelata perfezione fisica e morale in cui infine si può generare solamente l’eterno piacere e la finalmente conquistata natura divina.
Il dogmatico potrebbe interpretare tutto ciò come superbia ma non è così. Pangsepp attinge dalla religiosità concetti chiave che traspone nel suo linguaggio pittorico in cui confluisce una profonda ricerca psicologica incentrata sulla condizione umana spirituale e morale più che collocabile in un contesto sociale. Egli non è l’uomo del “perchè esistiamo e chi siamo” ma l’uomo del “perchè io esisto e chi sono” non meno interessante ed utile.
L’artista non si ripara nei suoi dipinti, non fugge dalla realtà non si rinchiude in una gabbia dorata ma cerca nel piacere, nella pace interiore e nella serenità una guida morale, una legge divina che possa essere fonte di equilibrio e amore universale.
08 – 27 ottobre 2005, inaugurazione 08 ottobre 2005 ore 18. Presentazione del curatore dr. Nicola Eremita
Alla terza edizione, la Collettiva d’Arte Contemporanea Biennale di Venezia, ospita artisti italiani e stranieri che presentano opere di pittura, scultura, e tecniche miste. Come sempre la mostra sarà caratterizzata dalla molteplicità e dalla originalità delle opere. L’esposizione non ha un tema prefissato ma vuole presentare campioni della migliore produzione degli artisti espositori, che si caratterizzano per tecniche e sensibilità espressive anche estremanente differenziate. È proprio in questa differenziazione che si qualifica questa manifestazione con l’intento di associare la diversità del mondo alla diversità degli umori dell’uomo “artifex”. Da segnalare la completa disponibilità della Direzione Artistica a guidare lo spettatore lungo il percorso espositivo.
In occasione della 51. Biennale d’Arte Sezione Arti Visive “l’Esperienza dell’Arte”
Introduzione
In occasione della 51. Biennale d’Arte Sezione Arti Visive “l’Esperienza dell’Arte”, si svolge la terza edizione della Collettiva d’Arte Contemporanea Biennale di Venezia. Quest’anno, ad eccezione di una artista tedesca, gli espositori sono italiani.
Nell’affollato e variegato panorama artistico veneziano, la Galleria d’Arte III Millennio è la prima e sola galleria d’arte che organizza questo tipo di manifestazioni, scevre da qualsiasi indirizzo politico o propagandistico, lasciando agli artisti libertà di espressione e tecnica.
Ogni esposizione diviene così un piccolo “museo” di arte contemporanea e non una vera e propria “mostra”. Questa differenza è cruciale e sostanziale in quanto, secondo la moda attuale, il curatore di turno diviene il vero protagonista. Egli infatti s’impone quale “arredatore” della mostra; l’artista quindi cala in secondo piano.
In questo caso, pur essendoci il curatore, sono gli artisti in primo piano. Il ruolo del curatore invece è più complesso e discreto: egli deve presentare le opere al pubblico; deve parlarne deve decodificarle e collegarle in modo tale da accendere la curiosità e l’attenzione.
In tal modo egli apre il dibattito e la dialettica, divenendo non più provocatore ma esortatore all’attenzione verso la multiformità della sensibilità umana. Questo è dialogo e non monotona auto-celebrazione. Non servono quindi gli acronimi.
Marina Barbiero è nata a Padova nel 1968. E’ diplomata al Liceo Artistico di Padova e laureata in Architettura di Venezia. Fin dalla giovinezza è attratta dalla creatività della pittura e si dedica con pazienza al disegno a matita, ai pastelli, alla china, all’acquerello, alla tempera e alla pittura ad olio su tela.
Parere del curatore Nicola Eremita
Una pittura che coloristicamente richiama l’oriente, il giappone in particolare; le tinte nette di Hokusai i paesaggi di Hiroshige.
Credo che si vada anche oltre e che Marina Barbiero sia molto simile anche alla filosofia dell’arte nippon. Parlo dell’interiorizzazione della tecnica e del soggetto. Questo richiede meditazione e assimilazione dell’oggetto da rappresentare, in un certo senso la compenetrazione in ciò che si sta realizzando al punto tale di pensarlo proprio.
La lettura delle opere ci svela che esse non sono collocate in un luogo geografico, il richiamo alla natura è universale e il messaggio è forte. Il senso di verticalità lo amplifica con climax e potenza virile tanto da dare le vertigini. Questi alberi sono fieri come samurai e sono pronti per entrare nel mito, sono il tempo, la storia, il significato e il senso della esistenza, sono frutto di racconti fantastici, di leggende perdute nel tempo, sono il monumento al tempo in cui…
L’uomo era in simbiosi con la natura e rispettava le sue leggi dure e spietate ed in cambio riceveva la sublime poesia della sua bellezza e ne godeva pienamente. Mentre “melodia dipinta” e “splendore tra gli alberi”, vogliono ipnotizzarci, “alberi al tramonto” i rami, quasi trasformati in idiogrammi, esaltano la aspirazione al mito.
Piergiorgio Baroldi, biografia
Piergiorgio Baroldi è nato a Salò, presso il lago di Garda. Egli è sempre stato attratto dall’arte anche come collezionista di arte contemporanea. È stato promotore e organizzatore di mostre d’arte contemporanea in luoghi caratteristici della Laguna Veneziana dove vive ed opera. Piergiorgio Baroldi è molto attivo anche nella difficile missione del recupero degli antichi edifici militari della difesa costiera di Venezia affinché diventino parte del polo museale veneziano.
Parere del curatore Nicola Eremita
Le opere presentate da PG Baroldi dal punto di vista formale sono vicine alle opere di Gustav Klimt. Le grandi campiture oro, le figure ritagliate nell’ornamento, i molteplici simboli, inseriti a scopo decorativo, richiamano con forza le tele dell’artista viennese; ma non è tutto: vi sono delle profonde differenze. Le figure di PG Baroldi sono spesso caratterizzate da cromatismi che le mettono in contrasto con tutto il contesto.
Qualcuno dice che queste figure siano anche d’ispirazione canoviana. Chi scrive le riporta invece a ciò che concerne squisitamente il contenuto delle opere di Bardoli. Non può certo comporsi un’immagine canoviana nelle intenzioni dell’autore. La pace e la fissità del Canova non trovano posto nelle figure umane dipinte da PG Baroldi sia nella complessiva costruzione formale, sia nell’intento contenutistico.
Il linguaggio è tratto dalla sedimentata arte moderna ma il significato penetra a fondo nella contemporaneità, fino alla più viva attualità. In questo senso della pittura di Klimt non resta che il puro omaggio e del Canova non c’è traccia.
Dai dipinti trapela la sottile ironia e l’artista, con discrezione e pudore, svela la bellezza della natura, le debolezze umane, la compassione, fino a sfociare nella aperta denuncia delle violenze della nostra società. Qui il rischio di cadere nel banale è grosso ma l’artista ne sfugge con l’eleganza e il tono sommesso o con un delicato intervento caricaturale e sarcastico.
Iva Milanova, biografia
Iva Milanova è nata il 30 Ottobre 1970 a Sofia ha esposto in Italia Berlino e a Chicago. Nel 1998 ha ottenuto il Master di Storia dell’Arte e Archeologia Classica alla Humboldt University di Berlino. Il suo amore per la pittura nacque quando ella era ancora bambina.
Fu il lavoro presso la più grande casa di moda bulgara a spingerla ad affrontare gli studi accademici come studentessa speciale, quindi, trasferitasi a Berlino iniziò gli studi di storia dell’arte e di archeologia. In questo momento Iva MIlanova lavora alla sua tesi di dottorato dal titolo “l’Iconostasi nella Chiesa Ortodossa”.
Parere del curatore Nicola Eremita
Le opere presentate da Iva Milanova si differenziano dalla precedente esposta durante la II edizione di questa iniziativa.
Rimangono i riferimenti alla produzione iconografica dell’Europa dell’Est, rimane lo ieratismo e l’atmosfera di serenità, e di mistica compostezza.
Rimangono ancora le personalissime influenze espressioniste nell’uso deciso del colore e nella violenza del tratto; rimane il fascino che la pittura dell’antica roma ha esercitato sulla sensibilità di Milanova.
Tutte queste componenti che sembrano slegate si uniscono nella armoniosa creazione dell’artista: le reminiscenze antico romane si stemperano nella tradizione religiosa orientale e l’insieme è metabolizzato da una personale ispirazione espressionista. Il risultato è un’opera corposa forte ed, al contempo, delicata e raffinata. contenuti rivelano passione per la vita e speranza di armonia tra gli uomini, un messaggio universale.
Prevale in queste ultime opere una vivace e solare forma di astrattismo che pare un caldo e gioioso patchwork.
Lio Sottile, biografia
Pittore e scultore Lio Sottile, Laureatosi in Architettura nel 1978, frequenta attualmente il quarto anno dell’Accademia delle Belle Arti di Capo D’Orlando ( Me ). Utilizza le potenzialità grafiche del computer e realizza sculture virtuali mediante l’uso di software di modellazione plastica. L’insegnamento dell’Educazione Artistica, da oltre venti anni, lo tiene costantemente impegnato nella sperimentazione e nella ricerca.
Parere del curatore Nicola Eremita
Le opere presentate da Lio Sottile rivelano il suo eclettismo. La sperimentazione è alla base della sua produzione. Sottile si è confrontato con la riproduzione di numerosi dipinti di epoca rinascimentale e moderna, affinando una notevole tecnica pittorica. Il concetto di moto perpetuo, attraverso stili e correnti, sperimentazioni e ricerche, l’accostamento delle più disparate modalità espressive, introducento caratteri di innovazione continua, caratterizzano la weltanschaunng di Lio Sottile. Tutto ciò ne fa un artista imprevedibile e difficilmente inquadrabile assolutamente personale e indipendente, in costante divenire.
“Donne al Bar” di chiara ispirazione espressionista, rappresenta simbolicamente la vanità e la noia che spesso pervade la nostra vita quotidiana, si notino gli sguardi assenti o rivolti verso il vuoto e le pose imbronciate. Nel complesso l’atmosfera non è di drammaticità né di forte contrasto ma prevale una certa compassionevole constatazione che pone l’autore al di sopra e non personalmente coinvolto; le tonalità di colore sono molto omogenee e ben delineate.
“La Battaglia del Longano” evento storico svoltosi in Sicilia che vide Tindary e Siracusa combattere insieme contro i Mamertini nel 232 A.C. (Gerone contro Cione) cristallizza i guerrieri nel colore uniforme come la polvere del tempo che tutto ricopre e livella le ambizioni degli uomini, rendedoli infine uguali, mentre l’atmosfera trasferisce la realtà nella memoria e, quindi, nel sogno che la tradisce trasformandola in mito. Un antico richiamo alla fratellanza e alla pace. La scultura dedicata a Sophia Loren tratteggia con compostezza ieratica il viso della famosa attrice, senza perplessità.
Alla sua seconda edizione, la Collettiva d’Arte Contemporanea Biennale di Venezia, ospita artisti italiani e stranieri che presentano opere di pittura, scultura, e tecniche miste. Questa edizione è suddivisa in due parti per ospitare il folto numero di artisti e dare ad ognuno la giusta rilevanza. La mostra sarà caratterizzata, come sempre, dalla molteplicità e dall’originalità delle opere. L’esposizione non ha un tema prefissato ma vuole presentare campioni della migliore produzione degli artisti espositori, che si caratterizzano per tecniche e sensibilità espressive anche estremamente differenziate. È proprio in questa differenziazione che si qualifica questa manifestazione con l’intento di associare la diversità del mondo alla diversità degli umori dell’uomo “artifex”. Da segnalare la completa disponibilità della direzione artistica a guidare lo spettatore lungo il percorso espositivo.
Espongono
Raffaella Bacarelli, Rita Blitt, Serena Bocchino, Enrico Bosi, Enzo Igino Brunialti, Frank Colson, Aldo Cordero, Fiorentina De Biasi, Paolo Dell’Aiuto,Benz Inge, Ronald Lyon, Mark Kroeten, Enzo Marcello Mazzara, Iva Milanova, Lidia Tortomasi.
Alla sua seconda edizione, la Collettiva d’Arte Contemporanea Biennale di Venezia, ospita artisti italiani e stranieri che presentano opere di pittura, scultura, e tecniche miste. Questa edizione è suddivisa in due parti per ospitare il folto numero di artisti e dare ad ognuno la giusta rilevanza. La mostra sarà caratterizzata, come sempre, dalla molteplicità e dall’originalità delle opere. L’esposizione non ha un tema prefissato ma vuole presentare campioni della migliore produzione degli artisti espositori, che si caratterizzano per tecniche e sensibilità espressive anche estremamente differenziate. È proprio in questa differenziazione che si qualifica questa manifestazione con l’intento di associare la diversità del mondo alla diversità degli umori dell’uomo “artifex”. Da segnalare la completa disponibilità della direzione artistica a guidare lo spettatore lungo il percorso espositivo.
Espongono
Raffaella Bacarelli, Rita Blitt, Serena Bocchino, Enrico Bosi, Enzo Igino Brunialti, Frank Colson, Aldo Cordero, Fiorentina De Biasi, Paolo Dell’Aiuto,Benz Inge, Ronald Lyon, Mark Kroeten, Enzo Marcello Mazzara, Iva Milanova, Lidia Tortomasi.
In occasione della IX Biennale di Venezia Sezione Architettura “Metamorph”, curatore Nicola Eremita
Introduzione
In occasione della IX Biennale di Architettura “Metamorph”, si svolge la II Collettiva d’Arte Contemporanea Biennale di Venezia che è stata suddivisa in due parti per consentire maggior visibilità agli artisti. Espongono sei artisti dagli Stati Uniti, due artisti dalla Germania e sette artisti dall’Italia.
Nell’affollato e variegato panorama artistico veneziano, la Galleria d’Arte III Millennio è la prima e sola galleria d’arte che organizza questo tipo di manifestazioni, scevre da qualsiasi indirizzo politico o propagandistico, lasciando agli artisti libertà di espressione e tecnica.
Ogni esposizione diviene così un piccolo “museo” di arte contemporanea e non una vera e propria “mostra”. Questa differenza è cruciale e sostanziale in quanto, secondo la moda attuale, il curatore di turno diviene il vero protagonista. Egli infatti s’impone quale “arredatore” della mostra; l’artista quindi cala in secondo piano.
In questo caso, pur essendoci il curatore, sono gli artisti in primo piano. Il ruolo del curatore invece è più complesso e discreto: egli deve presentare le opere al pubblico; deve parlarne deve decodificarle e collegarle in modo tale da accendere la curiosità e l’attenzione.
In tal modo egli apre il dibattito e la dialettica, divenendo non più provocatore ma esortatore all’attenzione verso la multiformità della sensibilità umana. Questo è dialogo e non monotona auto-celebrazione. Non servono quindi gli acronimi.
Rita Blitt opera da quasi 40 anni come artista, la prima mostra risale al 1967. Nel suo curriculum sono raccolte numerose mostre personali e collettive, premi, libri e video, performances ed una ricca serie di sculture monumentali situate in luoghi pubblici. Le sue opere sono raccolte in diversi musei americani, e in tutto il mondo.
Parere del curatore Nicola Eremita
Al centro dell’opera di Rita Blitt, infatti si colloca il movimento: in particolare il movimento della danza. L’artista presenta una scultura in acciaio intitolata “Dancing I”.
L’espressionismo astratto di Rita Blitt si traduce in vera e propria danza sulla carta, l’artista mentre crea ascolta la musica e danza. L’opera che vedete è la traccia dinamica e cinetica del corpo della ballerina, essa vuole cogliere solamente il succo, il puro istinto del movimento e bloccarlo nell’eterna staticità della scultura.
Blitt vuole trasformare in vero e proprio totem cultuale la grazia, la forza e la coordinazione umana, tesa nella realizzazione sublime del ballo. Un parallelo può essere suggerito con il Discobolo di Mirone.
Frank Colson, biografia
Frank Colson ha il suo Studio a Sarasota in Florida.
Il curriculum di Colson è ricchissimo di esperienze presso Università d’Arte, presso Musei in qualità di consulente, presso le Istituzioni Pubbliche, dove ha ricoperto cariche di dirigenza per il settore delle arti e dell’artigianato.
Ha partecipato a fiere d’arte in Nuova Zelanda, Brasile, Irlanda, Germania, Inghilterra ed in altri paesi nel mondo. Ha realizzato mostre personali e collettive in California, Giappone, Ohio, Nuovo Messico, Sud Dakota, e Florida. Ha partecipato a sei edizioni della Conferenza Internazionale di Scultura 1972/1978. Espone con grande vivacità dal 1963.
Parere del curatore Nicola Eremita
Frank Colson testimonia ancora che gli artisti statunitensi sono molto preparati e adoperano con professionalità le tecniche. I risultati sono di grande piacevolezza. L’opera presentata è eseguita con equilibrio compositivo e coloristico. Ardente è nell’artista la fuga visionaria e onirica. Il disegno riecheggia la morbidezza del tratto di Chagall e i colori, forti e piatti, trasmettono una calda sensazione di serenità rendendo l’opera fresca e attuale. Qualcosa che proviene dal sud, dal mare, qualcosa di caldo e piacevole traspira questa seta. Alcuni grandi maestri hanno percepito lo stesso richiamo: la natura?
Benz Inge, biografia
Benz Inge è nata nel 1940 a Dessau in Germania, ha studiato ingegneria, nel 1961 si è trasferita a Karlsruhe dove ha studiato pittura e disegno. Ha viaggiato in Italia Spagna e Svizzera per studio quindi ha lavorato come artista freelance a Karlsruhe. È membro del Badischer Kunstverein di Karlsruhe e del Wurttembergischer Kunstverein di Stoccarda.
Parere del curatore Nicola Eremita
Inge Benz infine presenta un disegno tecnica mista dal titolo “O.T.” . L’opera di Benz fin dal titolo, risulta ermetica, la gestualità richiama le evoluzioni di Vedova. Sono molto incisivi i richiami espressionisti di matrice tedesca, i tratti forti, la violenza che traspare da questo disegno non ha nulla a che fare con la limpidezza dei sentimenti.
Benz ha un tratto duro, rigoroso, serrato. L’artista ricerca assecondando l’interiore istinto che guida il movimento, lo scioglie, lo scatena libero nella totale anarchia.
Il desiderio di sprigionare le proprie energie cinetiche e quello di rappresentare quelle di un mondo che ha perso la capacità di controllarle e di indirizzarle verso una società a misura d’uomo, coincidono nell’opera di Benz.
Mark Kroeten, biografia
Pittore scultore e musicista, Mark Kroeten sperimenta la lavorazione dei metalli preziosi e del vetro. Mark Kroeten è artista per il proprio personale piacere: produce per sé stesso ed è libero da impegni di committenza.
Il colore è un elemento di grande potenza nella pittura di Kroeten. I colori possono creare emozioni e richiamare ricordi associati ad esperienze personali. Se usati appropriatamente possono influenzare lo stato d’animo delle persone. Mark Kroeten ha frequentato diversi colleges in America. L’Università del Minnesota, l’Anoka Ramsey College e il Minneapolis Technical College sono tra i principali.
Nota dell’artista all’opera “signature dots”
Quest’opera rappresenta i colori attorno a noi. Noi siamo i punti scuri. I colori usati riflettono la pietra, le nuvole e la terra. La parte più esterna dello spettro dei colori, il nero, si trova proprio dove vorresti trovare le tonalità utilizzate. I colori tenui e sfumati danno un senso di stabilità e il potere di realizzare grandi cose.
Parere del curatore Nicola Eremita
la pittura di Mark Kroeten è espressione di ciò che all’artista piace. Si può dire che egli sia un epicureo che ricava il suo piacere creando, dipingendo i soggetti a lui cari.
Questi soggetti sono anche i simboli di ciò che Mark Kroeten ama della vita: i piccoli piaceri quotidiani, soddisfarsi con poche semplici cose, godere dell’attimo.
Per l’artista bisogna cercare gli aspetti positivi di questa società turbolenta e distratta, che rende effimeri i legami tra le persone, ad esempio il concetto puro di “continuo cambiamento” può offrire nuove opportunità e impedisce la noia; ancora, il “sapersi accontentare” è sicuramente fonte di grande soddisfazione e di successo nella ricerca della felicità personale.
L’opera di Kroeten può definirsi di spirito intimista, nel senso che ricerca e vuole offrire una visione del mondo rivolta al raggiungimento dell’equilibrio interiore, nell’opera presentata si coglie il riferimento a certe sete orientali decorate e l’insieme produce efficacemente una vellutata sensazione di pace e quieta serenità.
Ronald R. Lyon, biografia
R. R. Lyon opera da oltre 25 anni come artista, consulente, designer e art director. Ha esposto in numerose gallerie negli Stati Uniti è un appassionato collezionista d’arte e scrittore.
Parere del curatore Nicola Eremita
L’opera è realizzata con perfetto equilibrio e sintesi senza lasciare spazio al alcuna sbavatura. Questa linea o traccia è una allegoria in molti sensi. Ad un primo esame dell’opera essa appare come la volontà di distinguersi in un panorama di desolante confusione e clamore. L’artista vuole intrattenerci comunicando attraverso una discreta voce, trasmettendo il messaggio con delicatezza, amorevolmente, questa e la traccia che indica come trasmettere in concetto.
Non solo, ci accompagna lungo il suo percorso con un tratto morbido e rotondo, calmo, quieto, pare voglia suggerirci solamente la direzione. Quindi, una volta che ha catturato la nostra attenzione ci fa riflettere. Questa sinuosa impronta segna il percorso di una vita, la dura lotta per la vita; od è un holzwege, un sentiero che guida una vita, la strada da intraprendere e mantenere attraversando asprezze ed ostacoli.
Forte per l’artista è la ricerca della pace interiore, di un equilibrio universale retto dalla compassione e dalla grazia, e forte è la risposta dell’artista. Questa nera intensa linea che attraversa con grazia e semplicità il tempo e lo spazio è di una sintesi magica e ha risvolti mistici. Come un vero asceta R.R. Lyon richiama alla riflessione pura e semplice sul fatto che se la nostra esistenza ha senso è perché è basata sulla semplicità, sul rispetto reciproco, sulla reciproca comprensione e compassione.
In occasione della IX Biennale di Venezia Sezione Architettura “Metamorph”, curatore Nicola Eremita
Introduzione
In occasione della IX Biennale di Architettura “Metamorph”, si svolge la II Collettiva d’Arte Contemporanea Biennale di Venezia che è stata suddivisa in due parti per consentire maggior visibilità agli artisti. Espongono sei artisti dagli Stati Uniti, due artisti dalla Germania e sette artisti dall’Italia.
Nell’affollato e variegato panorama artistico veneziano, la Galleria d’Arte III Millennio è la prima e sola galleria d’arte che organizza questo tipo di manifestazioni, scevre da qualsiasi indirizzo politico o propagandistico, lasciando agli artisti libertà di espressione e tecnica.
Ogni esposizione diviene così un piccolo “museo” di arte contemporanea e non una vera e propria “mostra”. Questa differenza è cruciale e sostanziale in quanto, secondo la moda attuale, il curatore di turno diviene il vero protagonista. Egli infatti s’impone quale “arredatore” della mostra; l’artista quindi cala in secondo piano.
In questo caso, pur essendoci il curatore, sono gli artisti in primo piano. Il ruolo del curatore invece è più complesso e discreto: egli deve presentare le opere al pubblico; deve parlarne deve decodificarle e collegarle in modo tale da accendere la curiosità e l’attenzione.
In tal modo egli apre il dibattito e la dialettica, divenendo non più provocatore ma esortatore all’attenzione verso la multiformità della sensibilità umana. Questo è dialogo e non monotona auto-celebrazione. Non servono quindi gli acronimi.
Raffaella Bacarelli è nata a Napoli nel 1964. si è diplomata all’Istituto d’Arte, ( diploma di Maestro d’Arte e Diploma di Arte della Stampa ) ha studiato all’Accademia di Roma.
Ha lavorato per più di 15 anni prima come grafica pubblicitaria, illustratrice tra Roma, Milano e Napoli; quindi come art director in varie agenzie.
Tra gli incarichi più importanti vi sono tutte le illustrazioni per i cofanetti Mondadori “I MITI” di Luciano De Crescenzo trasmessi da RAI 2 e ultimamente da Rete 4. Ha continuato sempre a dipingere per se stessa. Da pochi anni ha deciso di lasciare la pubblicità, per dedicarsi a tempo pieno alla pittura, trasferendosi ad Ischia.
Parere del curatore Nicola Eremita
Opera figurativa di genere simbolico, pone al centro della trattazione la figura della donna. Attuale e di grande pregnanza questo tema nella contemporaneità, in cui il ruolo della donna nelle diverse società assume connotati differenti e contraddittori.
La donna è bendata simbolicamente od anche fisicamente? La donna è privata della vista sul suo io interiore? È privata dell’identità e trasformata così in semplice oggetto? La donna non può vedere e quindi è dipendente e succube e necessita una guida etica? Di una guida spirituale? Oppure la donna volontariamente si benda? Ed assume di sua scelta il ruolo di sottomessa e inetta appendice dell’uomo? L’opera apre quindi il dibattito e chiede alle donne di confrontarsi con questi dolorosi temi facendo leva anche su di un’elegante vena polemica.
Serena Bocchino, biografia
Gli studi artistici di questa artista Americana iniziarono nel 1980 in Inghilterra al Wroxton College e proseguirono in Russia a San Pietroburgo. Gli studi alla Università Fairleigh Dickinson le fecero ottenere il diploma dalla Università di New York.
Una delle più giovani artiste ad aver ottenuto una residenza premio alla P.S.1 a Long Island, Serena Bocchino divenne molto attiva nel movimento dell East Village a N.Y. negli anni ottanta. Ha ricevuto il Bazil Alkazzi Award per gli USA nel 1990 come la borsa di studio dalla Fondazione Pollock-Krasner. Ha anche ricevuto due borse di studio sull’arte dal Consiglio dello Stato del New Jersey.
Le opere di Serena Bocchino sono presenti in numerose collezioni, fa parte del Programma per l’Arte nelle Ambasciate, Washington DC, McKinsey & Co. Inc., Nordstrom, Saks Fifth Avenue e molti Musei e Istituzioni Pubbliche.
Le gallerie di N.Y. cominciarono ad esporre opere di Serena Bocchino nel 1985. Da allora espone in mostre personali e collettive negli Stati Uniti in Italia ed in Francia.
Le opere di Serena Bocchino sono forme astratte che traslano nell’idea grafica bidimesionale le qualità spontanee e ritmiche della musica.
Parere del curatore Nicola Eremita
Composizione delicata e sublime, l’artista ama trasporre la musica in immagine e l’immagine in astrazione. Queste entità fluttuano nella musica collegate da un circuito vitale che trasmette loro il ritmo e l’armonia senza cui esse non sopravvivrebbero.
La pulsazione del circuito vitale è dimostrata dalle emissioni colorate, anch’esse seguono il ritmo e l’armonia e sono spasmi di piacere che rimbalzano nella musica amplificandone gli effetti benefici. Si ha la netta percezione che l’insieme vibri come un segreto diapason con le tonalità del piacere.
L’opera non contiene alcun simbolismo; essa è il compiacimento estetico per il bello, è la ricerca di un cosmo che ritenga e reagisca al piacere, diffondendolo. Grande messaggio è questo: semplice penetrante e intenso. La composizione è creata con sintesi ed eleganza e denota una profonda preparazione culturale e grande molteplicità di interessi.
Enrico Bosi, biografia
Il Maestro d’arte Enrico Bosi è nato a Roma nel 1953. Ha frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Roma seguendo i corsi del Maestro Scialoja.
Ha calcato le scene negli anni Settanta come attore-mimo, lavorando con il compositore milanese Roberto Cacciapaglia.
Queste esperienze giovanili, contribuendo alla sua formazione artistica in campo estetico-figurativo, hanno stimolato l’interesse per le molteplici forme d’arte: Teatro, Musica, Letteratura e Fotografia che tutt’ora sono parte integrante della espressività dell’autore; talvolta surreale, talvolta ironica, caratteristica quest’ultima, che si manifesta in particolar modo nelle opere di grafica.
Parere del curatore Nicola Eremita
L’opera che Enrico Bosi presenta ha una originale connotazione formale: va letta dal basso verso l’alto, solo così lo spettatore può apprezzarne la sottile trasformazione che dalla grafica in bianco nero della matita porta al colore della tecnica mista.
Apprezzata questa provocazione si resta colpiti dalla presenza incombente ed ossessiva di questo sipario. Esso è un colosso pesante ma mobile in cui le texture si accavallano nel drappeggio, e paiono voler sfondare i piani prospettici.
L’onnipresenza traumatica del sipario, simbolicamente rappresentante l’esteriorità spesso vanesia dello spettacolo, incontra al suo centro una significativa interruzione: il silenzio drammatico dell’attore, rivelato solo da tenui contorni, poiché esso è involucro.
La vacuità e la sottile leggerezza, a differenza del pieno sipario, simboleggiano la plasticità e versatilità necessaria all’interprete, capace solo così di sostenere ogni ruolo. L’espressione lieta simboleggia che per l’attore l’interpretazione è una funzione naturale, priva di forzature.
Enzo Igino Brunialti, biografia
Enzo Igino Brunialti, genovese, è pittore fin dall’infanzia. Dal 1997 lavora nello studio di Trevignano Romano sul lago di Bracciano dove ha sede la mostra permanente delle sue opere. Ha esposto in diverse personali e collettive suscitando interesse di pubblico e critica.
I quadri di Brunialti figurano in diverse collezioni private in Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Irlanda, Norvegia, Olanda, Svizzera, USA.
Parere del curatore Nicola Eremita
Un’opera dettata dalle emozioni. Esse si amalgamano e formano una nuova realtà, quella sulla tela che ora può vivere una vita a sé. L’arte è la produzione diretta della mente, e la mente è un intricato sconcertante groviglio di emozioni.
Ricordi, odori, suoni, colori, atmosfere, luoghi si richiamano vicendevolmente e, come nella madeleine proustiana, compongono una densa creatura che ci osserva, o un mondo sul quale l’artista ha aperto una finestra.
Bisogna divenire anche passivi davanti al dipinto e farci sopraffarre da quello stesso modo di provare passioni che tutti condividono ma che è sempre così difficile afferrare: quando pensi di averlo, ti sfugge presto dalle dita.
Aldo Cordero, biografia
Aldo Cordero, maestro autodidatta del ferro battuto, nasce a San Pietro di Govone in provincia di Cuneo nel 1945. Vive e lavora nel Canavese e opera dal 1971. Le sue sculture fanno parte di numerose collezioni private.
Dalle origini dimostra la tendenza a esprimersi autonomamente, uscendo dagli schemi tradizionali legati all’insegnamento accademico. Le sue sculture sembrano avere una apparente staticità, nonostante si possano definire poesie di ferro.
Parere del curatore Nicola Eremita
Anche questa opera si colloca nel felice e multiforme movimento stilistico dell’arte povera, che a quanto pare riscuote ancora molto successo nella creatività degli artisti italiani, forse per gli illustri esempi. Efficace la sintesi poetica che riduce a puri archetipi simboli di così vasta significanza.
Si rileva anche una sottile ironia di genere pop, tesa anche a richiamare l’attenzione sulla facilità con cui spesso concetti che, per loro stessa natura necessitano sempre di profondo interesse e cultura da parte dello spettatore, quando siano divulgati per mezzo della comunicazione generalista vengano inevitabilmente banalizzati.
Fiorentina De Biasi, biografia
Fiorentina De Biasi è nata a Castellammare di Stabia (Napoli). Ha studiato al DAMS all’Università di Bologna. Si è diplomata nel 1999. Dopo aver sperimentato la pittura, ha approfondito il collage fotografico.
Parere del curatore Nicola Eremita
Alcuni artisti amano parlare alla contemporaneità, altri ai posteri. Fiorentina De Biasi parla alla contemporaneità, il suo viaggio spirituale è metafora, nella forma, della nostra condizione attuale.
Le nostre esperienze spesso divengono solo brevi spot, o piccoli ricordi impersonali ritagliati e raccolti a pezzi, spesso si riducono a semplici immagini prive di odori e suoni forse non sono nemmeno nostri anche se lo crediamo.
L’artista tuttavia non assume toni polemici e semplicistici, anzi, gioca e confonde creando paesaggi fantastici, e lo spettatore non è subito in grado di cogliere la vivace ironia.
Paolo Dell’Aiuto, biografia
Paolo Dell’Aiuto, nato a Volterra nel 1950, laureato in Scienze Statistiche presso l’Università di Roma nel 1976, è pittore autodidatta dal 1965.
Fino al 1972 ha vissuto a Volterra, città sempre presente nei suoi sentimenti e nella sua ispirazione; attualmente vive ed opera a Ciampino. Dal 1995 ha partecipato a varie mostre sia personali che collettive in diverse città italiane.
Parere del curatore Nicola Eremita
il surrealismo è, assieme all’espressionismo, un movimento artistico che ha caratterizzato fortemente il secolo appena trascorso. Esso è il nuovo, parte di quella travolgente corrente energetica del progresso che in pochi istanti ha portato l’occidente dal medioevo al futuro. Alle “visioni” sulla condizione umana dell’espressionismo, si affiancano le “visioni” psichiche del surrealismo e ciò che colpisce sono sempre le grandi lacerazioni, i drammi e la corrosiva ironia che queste “visioni” contengono.
L’opera di Paolo Dell’Aiuto si colloca in questo prezioso contesto. Essa ripropone temi che sono scivolati troppo in fretta sotto la spietata macchina della comune indifferenza, questo valga per coloro, cechi, che nell’arte cercano il “nuovo”, il “mai fatto”. Ebbene l’arte ha sempre lo stesso tema e l’artista dipinge sempre lo stesso quadro.
Abbiamo ancora bisogno di artisti surrealisti ed espressionisti e non è ancora tempo di farla finita con l’arte, essa è forse l’unica ancora di salvezza per una umanità che, persa nell’annichilimento, pare desiderare solamente di disumanizzarsi.
Enzo Marcello Mazzara
Enzo Marcello Mazzara è nato a Cassano Magnano il 18 Aprile 1962. Artista, docente di Educazione Artistica, dal 1998 al 2000 è assistente di cattedra in tecniche della scultura all’Accademia di Belle Arti.
Attualmente è insegnante di Storia dell’Arte al Liceo Linguistico e Insegnante di Pittura, Ceramica, Fotografia, Storia dell’Arte al Centro EDA oltre che restauratore di opere di pittura.
Parere del curatore Nicola Eremita
Il Perseo è un’opera a tinte forti se non lugubri. L’artista ha rappresentato con tonalità e contrasti brutali, pittoricamente azzeccati, la tragicità dell’atto e la malvagità dell’essere abbattuto.
Sono evidenti i riferimenti simbolici: la Medusa per l’artista è la personificazione stessa del male e, come tale esso ha tre facce, è ambiguo. Per abbattere tale creatura occorre un’arma a tre punte, dotata quindi di pari mutevolezza in questo caso da leggersi come astuzia e versatilità.
Questa è una licenza poetica dell’autore che si distacca dalle rappresentazioni mitologiche classiche e pone l’opera nella contemporaneità. In un mondo che è divenuto sempre più mutevole e variegato, in cui il male ed il bene si confondono con l’ipocrisia e la corruzione, la sensibilità l’artista, è alla ricerca di una entità in grado di sconvolgere ed abbattere il male anche utilizzando gli stessi mezzi ma a fin di bene. Come disse Leonardo: “Intelletto v’è dato: a bene od a malizia”.
Iva Milanova, biografia
Iva Milanova è nata il 30 Ottobre 1970 a Sofia ha esposto in Italia Berlino e a Chicago. Nel 1998 ha ottenuto il Master di Storia dell’Arte e Archeologia Classica alla Humboldt University di Berlino. Il suo amore per la pittura nacque quando ella era ancora bambina.
Fu il lavoro presso la più grande casa di moda bulgara a spingerla ad affrontare gli studi accademici come studentessa speciale, quindi, trasferitasi a Berlino iniziò gli studi di storia dell’arte e di archeologia. In questo momento Iva MIlanova lavora alla sua tesi di dottorato dal titolo “l’Iconostasi nella Chiesa Ortodossa”.
Parere del curatore Nicola Eremita
L’opera presentata da Iva Milanova è molto significativa del suo attuale percorso formativo e della sua ricerca artistica. I riferimenti alla produzione iconografica dell’Europa dell’Est sono rimarcati: le pose sono ieratiche e le espressioni del volto sono circondate da un’atmosfera di serenità, e di mistica compostezza.
Tuttavia c’è dell’altro: si avvertono personalissime influenze espressioniste nell’uso deciso del colore e nella violenza del tratto; inoltre nei lineamenti dei volti si comprende il fascino che la pittura dell’antica roma ha esercitato sulla sensibilità di Milanova.
Tutte queste componenti che sembrano slegate si uniscono nella armoniosa creazione dell’artista: le reminiscenze antico romane si stemperano nella tradizione religiosa orientale e l’insieme è metabolizzato da una personale ispirazione espressionista. Il risultato è un’opera corposa forte ed, al contempo, delicata e raffinata. I contenuti rivelano passione per la vita e speranza di armonia tra gli uomini, un messaggio universale.
Lidia Tortomasi, biografia
Lidia Tortomasi, pseudonimo Aidil Isamotrot, nasce a Giardinello (Pa) il 12/08/1970. Ha studiato all’Istituto Statale d’Arte di Cefalù (Pa), dove nel 1989 consegue il diploma di maturità d’arte applicata – sezione disegnatore di architettura e arredamento.
Ha studiato all’Istituto d’Arte di Palermo dove nel 1994 consegue il diploma di maturità d’arte applicata – sezione decorazione pittorica. Ha studiato Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Agrigento e Palermo.
Frequenta da diversi anni la Scuola Libera del Nudo presso l’AA.BB.AA. di Palermo.
Lavora nel campo della progettazione, dell’arte e del restauro. Particolarmente interessata alla Storia dell’arte medievale.
Parere del curatore Nicola Eremita
Evidenti riferimenti alla compostezza dell’arte egizia, ed alla serenità delle opere di Gustav Klimt. Si avverte in quest’opera l’influsso dell’art nouveau. Apprezzabile è l’uso delle tecniche e dei materiali delle arti applicate, come fece il maestro austriaco ed anche la simile ricerca simbolica. L’ornamento non è marginale rispetto al soggetto ma diviene il centro della rappresentazione.
La simbologia della donna che tratta quest’opera è interpretabile come figura sensuale di raffinata eleganza che ama circondarsi di ordine ed armonia. L’oro indica la ricerca del piacere e l’abbondanza non solamente di beni terreni ma anche di ricchezza morale e culturale. La mano destra è protesa in segno di saluto e anche nell’atteggiamento di porgere qualcosa. L’insieme è una equilibrata lode alle qualità femminili.